Diario dai Fondali...
Prima volta al Calasole
Ecco un rapido resoconto di un'uscita di per se senza lode e senza infamia, se non fosse che è stata la mia prima pescata al calasole, nel tardo pomeriggio dell'8 novembrebre 2008.
Beh, poco da dire se non che Luciano mi ha più volte descritto il momento del calasole come magico, assieme all'alba, il momento in cui i branchi di salpe e pescetti mangianza si radunano e si spostano in massa: la sera scorrono lungo l'antemurale del porto per entrare nello stesso e passarci la notte, la mattina all'opposto, ritornano all'acqua libera.
Urge provare e verificare di persona se la magnificenza di tali branchi in movimento sia proprio tale! ;-)
Mi prepararo con relativa calma, arrivo alla spiaggetta della mitica pizzeria "The One Beach", già "mutato". In breve indosso la cintura, allaccio lo schienalino fresco fresco di autocostruzione, come le cavigliere prima versione, srotolo una decina di metri di nylon dal portasagola della boa e son pronto a salutare Ombretta e ad abbandonarmi alla debole risacca.
I primi istanti di abbandono all'acqua son sempre magici, quando il peso corporeo svanisce, sostituito dal benevolo abbraccio e sostegno del mare...
Questa sera, il mare è leggermente velato, almeno sotto riva. Sembrerebbero condizioni buone, stiamo a vedere cosa ci riserverà il mare.
Ma al di la del puro esito piscatorio, la curiosità di questa immersione è tutta rivolta a verificare come funzionano lo schienalino e le cavigliere nuovi di fucina! Ho finito di approntarli solo due sere fa in garage: il mitico schienalino "padella" (così detto perchè ho usato proprio una vecchia padella come stampo) e le cavigliere autocostruite. Il primo dovrà aumentare la zavorra, che nell'uscita precedente si è dimostrata totalmente insufficiente. Le cavigliere dovranno aiutarmi a tener basse le gambe e le pinne, evitando gli "sbandieramenti" riscontrati con la muta nuova. In totale, la pesata da 6 k, dovrebbe passare a 9 kg (4 in cintura + 4 nello schienalino + 1 nelle cavigliere).
Ed infatti, appena lascio la riva e raggiungo la già conosciuta soffolca, provo subito a scendere un paio di metri, per capire com'è la situazione: va decisamente molto meglio rispetto all'uscita precedente! Scendo agevolmente, le gambe tendono a star più basse in maniera più naturale. Ma a dire il vero, fino a 4 metri sono ancora molto positivo, se lascio gli appigli del fondo tendo comunque a risalire, piano, senza la tremenda spinta positiva passata, ma comunque a risalire.
Poco male, la situazione è in ogni caso gestibile, l'assetto è accettabile via a pescare!
Perlustro prima la zona verso S.Stefano, trovando molto meno movimento di pesce rispetto all'ultima uscita di metà ottobre, poi ritorno sulle mie pinneggiate, esplorando per bene alcuni lastroni che degradano fino a sabbia e posidonie, sui 4.5 m di fondo. Questo è un fondale che mi piace davvero tanto, con queste lastre di roccia naturale, alternate ad ampie zone a posidonia. Trovata una conca, provo alcuni aspetti. Pur con qualche difficoltà riesco a stare più o meno sul fondo. Il fiato scarseggia, non sono in forma per nulla... ma è comunque bellissimo adagiarsi tra queste basse posidonie.
Addio cavigliere
Dopo qualche tentativo, mentre sono all'aspetto, ecco che da dietro un gradone compare un sarago. Non è enorme, ma lo giudico comunque catturabile, una porzioncina ci sta. E non devo dimenticarmi che l'etica è un'ottima cosa, ma nel mio caso, come mi ricorda sempre il buon Luciano, devo anche esercitare la mira! Quindi attendo immobile il sarago, che mi punta abbastanza deciso, rallenta e poi riaccelera dritto verso la punta dell'asta Sandwik... col 75 che uso, devo aspettare che sia bene a tiro. Ecco, quasi ci siamo... quando in contemporanea sento la pinna e la gamba sinistra alzarsi inesorabilmente dal fondo e vedo il sarago girarsi di scatto e battere in ritirata...
E' un attimo, appena riemerso, constatare che mi si è staccata la cavigliera sinistra, il velcro ha ceduto la presa, rendendo di colpo la gamba molto positiva... La cavigliera è persa, non riuscirò più a ritrovarla sul fondo.
E come degna conclusione, dopo poche pinneggiate, anche il velcro della destra mi tradisce... Poco male, almeno ora ho le pinne bilanciate. Urge ricreare le cavigliere, ma con un sicuro cinghiolo di fissaggio a fibbia!
Il primo branco
In un successivo aspetto, sullo stesso tipo di fondale, mi attardo sul fondo, ad ammirare da vicino la micro-fauna alla base dei ceppi di posidonie, proprio lungo il bordo di un lastrone: come sa esser affascinante pure il tanto bistrattato mediterraneo! Ma ecco che appena mi giro per risalire in superficie, mi trovo attorniato alle spalle, sulla destra, da un enorme branco di rovelle (Pagellus bogaraveo)!!! Inutile dire che non sono prede ne di dimensioni adeguate (paragonabili alle boghe comuni) ne di valore gastronomico. Mi limito quindi a prolungare un poco l'apnea, restando immobile e lasciando che il branco sfili in direzione dell'antemurale del porto, alla mia sinistra, avvolgendomi in pieno.
E' un'emozione tanto semplice quanto intensa, esser qui, circondato da queste centinaia di pesci, che nuotano così tranquilli, coordinati all'unisono!
Risalito in superficie, capisco che questo branco è il primo a muoversi in direzione dell'imboccatura del porto, per quella "mossa" serale raccontatami da Luciano. Decido quindi di avvicinarmi alla scogliera artificiale, per intercettare i branchi di salpe & Co. che tra poco dovrebbero fare lo stesso percorso.
Ed in effetti, mentre pinneggio in sperficie, noto sotto di me i primi branchetti di latterini, anche loro in movimento da S.Stefano, verso il porto di Aregai. Prima pochi e piccoli branchetti, poi, in men che non si dica, si crea un unico, infinito ed interminabile fiume di latterini, in moto regolare, parallelo alla costa, diretto all'imboccatura del marina. Questo torrente di esseri viventi, scorre lento ma inarrestabile 2-3 metri sotto la superficie, a 5-6 metri dalla scogliera.
E' davvero impossibile descrivere l'infinito numero di pescetti, che creano davvero un tutt'uno, continuo...
Man mano che passano i minuti, ai latterini si aggiungono prima branchetti, poi branchi numerosissimi di salpe, riunite per taglia, che nuotano nella stessa direzione, compatte, mantenedosi appena sotto al flusso ininterrotto dei bianchetti.
Il fiume vivente
Quando il passo dei branchi presumibilmente raggiunge il culmine, in certi momenti anche il flusso di salpe si fa continuo, trasformandosi in un vero torrente luccicante, dalle onde striate di argento ed oro...
Incredibile! Frequento questo mare dell'estremo ponente ligure ormai da oltre 20 anni, ma mai mi sarei aspettato di trovare un simile spettacolo, una tale esplosione di vita sottomarina!
Gli aspetti
Inutile dire che, appagato da questa visione, ormai la pesca vera e propria per me è già passata in secondo piano. Tuttavia sono in acqua per pescare e quanto meno cerco di inserirmi nell'ecosistema, recitando il mio ruolo di predatore.
Provo qualche aspetto alle salpe e ai diversi salponi, di dimensioni notevoli, che ogni tanto compaiono nel fiume scintillante. Ovviamente i pesci hanno altro a cui pensare, adesso il loro obiettivo è questa breve migrazione, quindi non mi degnano di uno sgardo... continuano imperturbabili nel loro nuoto verso l'imboccatura del porto. Impossibile anche avvicinarli all'agguato: le salpe sembrano distratte, ma appena mi avvicino, pur con mille accortezze, lentamente, quasi impercettibilmente, il loro branco si apre, pur continuando nella rotta, evitandomi accuratamente e tendosi ben oltre la portata del mio piccolo 75.
Provo allora a cambiare strategia: tutto questo movimento di pesce dovrebbe inevitabilmente attrarre qualche predatore! Provo quindi qualche aspetto, portandomi sui 6 metri, sotto il flusso di salpe, verso il largo, da dove presumo potrebbero arrivare gli attacchi dei barracuda, presenti in buon numero nei dintorni di Aregai. Ma i miei aspetti sono troppo brevi, manca il fiato, e non riesco ad avvistarne nessuno.
Nel frattempo la luce cambia tonalità, si sta avvicinando a grandi passi il tramonto, mentre il fiume di pesci raqggiunge il culmine, in un tripudio di scintillii continui.
Gli agguati
Non mi resta che ritornare a ridosso della scogliera, lasciando i branchi di pesci ai loro spostamenti. Vediamo se tra gli enormi scogli avrò maggior fortuna.
In effetti mancano le triglie, abbondanti anche solo 2 settimane fa. Comincia a farsi sentire l'arrivo dell'inverno ed il popolamento del sottocosta è leggermente cambiato. Ma noto comunque qualche piccolo sarago. Troppo piccolo per poter pensare di catturarlo, meglio lascar crescere questi piccoli sparidi. Ne avvisto un paio decisamente belli, ma estremamente sospettosi, sotto i massi ciclopici: in un istante fuggono nei labirinti creati dalla franata artificiale.
Proseguendo coi miei ancor goffi agguati, mi immergo scendendo lungo la scogliera per poi risalire con un percorso ad "U", poco distante, cercando di tenermi nascosto coi diversi massi. Spero così di riuscire a sorprendere qualche sarago prima che lui veda me.
Scappottato
E così è, quando in una piccola conca creata dalle rocce, vedo sopra di me due saraghi, uno piccolino, uno che non è certo grosso ma quanto meno è accettabile... resto completamente appiccicato al mio riparo e senza allungare troppo il braccio, prendo la mira, allineando con calma la splendida linea di tiro, completamente aperta, del mio X-Fire. I saraghi sono infatti intenti a brucare e io ho ancora una certa riserva di apnea per poter fare le cose con calma. Chiudo l'occhio sinistro e proprio mentre parte l'impulso nervoso, ecco che da sinistra, da dietro una roccia, fa capolino un sarago molto più grosso... ma ormai è tardi per cambiar piani, l'indice sta già premendo il grilletto... L'asta parte e nonostante il tiro abbastanza lungo, il sarago di dimensione intermedia viene centrato in pieno! I restanti si allontanano senza apparente fretta, mentre recupero la mia piccola preda.
Ora però mi accorgo che il sole è quasi tramontato ed ho ancora un bel tratto per tornare alla spiaggetta con una lunga pinneggiata.
Ritornando, incrocio qualche branchetto di salpe ritardatarie che cercano di guadagnare in extremis i ripari notturni offerti dal marina.
Esco dall'acqua che è quasi buio, trovando Ombretta sulla spiaggia. Le consegno il pescetto, che in padella, cucinato al naturale con una spruzzata di vino bianco, sarà apprezzatissimo e raccontandole le meraviglie viste sott'acqua, ci incamminiamo verso le docce del porto.
Ecco il saraghetto, una preda di cui di certo non posso esser fiero, ma per oggi può andare, ripromettendomi di non infierire troppo spesso su pesci di queste piccole dimensioni.
Mattinata successiva, alba con Luciano
Per la cronaca, la mattina successiva, assieme a Luciano, abbiamo fatto una splendida battuta all'alba, negli stessi posti, che grazie ai suoi suggerimenti mi ha permesso di migliorare moltissimo la tecnica dell'aspetto.
Abbiamo visto due piccoli dentici, assolutamente lasciati in pace e qualche barracuda, troppo piccolo e lontano per poterlo mirare. Luciano ha avvistato un branzino, che non si è avvicinato per la mia goffa presenza ed ha graziato una cernia in tana, messasi di coda, quindi troppo a rischio di esser ferita od uccisa inutilmente. Questa è stata l'ultima uscita con la maschera Cressi Horizon in silicone trasparente sostituita le volte successive con una Omer Alien nera! In un aspetto infatti mi si sono ben avvicinate 2 orate, subito scappate, nonostante la mia completa immobilità, appena hanno raggiunto l'angolo in cui la mia maschera le ha investite con una bella e luminosa specchiata... Insomma, nessuna preda catturata, visto l'intento prettamente didattico dell'uscita, ma tanta, tantissima esperienza fatta per il sottoscritto ed un ringraziamento infinito per la disponibilità e la pazienza di Luciano che ha così cortesemente accettato di farmi da guida, da ballia e da maestro!
L'uscita successiva, ha dato decisamente i suoi frutti... senza questa mattinata di apprendimento rapido, non sarei affatto riuscito a chiudere l'incontro che QUI vi racconto, come invece è stato! GRAZIE ancora Luciano!
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